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Capitolo III
Lars Norén e il dramma della “stanza chiusa”

III.1. Profilo dell’autore e della sua opera

Come per molti altri artisti viventi e ancora in attività, non è facile farsi un’idea precisa della produzione di Lars Norén nella sua interezza. Non esiste, per il momento, alcuna compilazione bibliografica ufficiale, né sono numerosi gli studi critici[1] su quest’autore, specialmente per quanto riguarda la sua opera drammatica, che è una delle più ampie nel panorama della drammaturgia contemporanea.  Dal 1973 - anno del debutto sulla scena svedese con il dramma Fursteslickaren  - sino ad oggi, sono oltre 50 le pièces di Norén rappresentate dentro e fuori i confini della Svezia, ma solo la metà di esse è disponibile in volume[2], dunque accessibile a una valutazione critica.

Nato a Stoccolma nel 1944 da un padre cameriere presso vari ristoranti e da una madre figlia di un pastore luterano, all’età di cinque anni Lars Norén si trasferì con la  famiglia  (che comprendeva anche un fratello più grande) a  Genarp, nel sud della Svezia,  dove i genitori avevano avviato un piccolo albergo[3].  La sua infanzia e adolescenza furono contrassegnate da una forte instabilità e da tragedie famigliari, alle quali Norén tornerà assiduamente nella sua produzione drammatica: il padre  era  un alcolista e continuò per anni a entrare e uscire da cliniche di disintossicazione senza grandi risultati; la madre fu colpita in giovane età da un tumore che la consumò lentamente e morì quando Norén aveva vent’anni. 

Secondo Lars Nylander, la lettura e la scrittura divennero presto per Norén “imaginära skyddsrum från familjelivets överväldigande konflikter”[4]. Spronato dall’attenzione di un insegnante,   che   aveva  riconosciuto  in lui  un precoce talento letterario e gli aveva messo in mano libri di Hölderlin, Rilke e dei poeti svedesi Vilhelm Ekelund e Gunnar Ekelöf[5], Norén già a nove-dieci anni componeva brevi saggi e poesie. Egli stesso ha dichiarato in più occasioni:

[...] när jag var nio år blev orden för mig det viktiga. [...] Jag tror att jag lärde mig skriva redan i moderlivet. Det är en sådan stark njutning att skriva.[6]

Nel 1962 una sua poesia, “Fuga”, fu pubblicata nella rivista Rondo e l’anno successivo Norén debuttò, grazie all’interessamento del poeta e saggista Artur Lundkvist, con la raccolta Syrener, snö (Lillà, neve).  Negli anni seguenti si dedicò con ardore alla poesia, pubblicando in media una raccolta ogni anno fino al 1980 e riscuotendo ampi successi critici: le sue liriche, in cui è palese l’influsso dei poeti modernisti e surrealisti, sono state definite “vrål, rop, röstfragment ur schizofrenins kaos och tystnad”[7] e risentono dell’esperienza dell’ospedale psichiatrico, in cui Norén fu internato per alcuni mesi dopo la morte della madre, nel 1964.   La crisi psicotica che lo colpì si manifestava con forti allucinazioni, durante le quali il drammaturgo si sentiva sommergere da veri e propri diluvi di voci e immagini[8], che reclamavano di essere rappresentate e che non cessavano di tormentarlo fino a che egli non le avesse trasposte sulla pagina.   Prima ancora che esercizio letterario, l’atto dello scrivere costituì dunque per Norén una forma di terapia per dare sfogo alla propria nevrosi, un modo per liberarsi dal carico di angoscia e pulsioni autodistruttive che lo invadevano.  Come è stato ben sintetizzato da un critico:

Srivakten är för Norén ett tvång, kliandet på ett ständigt varigt sår som heter barndom och uppväxt. Skrivandet har blivit ritual, besvärjelse över det förflutna.[9]


[1] Esistono a tutt’oggi solo tre monografie dedicate all’opera di Norén (Sjöholm, 1996; van Reis, 1997; Nylander, 1997), tutte imperniate sulla sua produzione poetica, anche se van Reis e Nylander dedicano i capitoli finali dei loro studi a un’analisi di alcuni drammi. Viceversa, sono disponibili numerose interviste al drammaturgo, recensioni e articoli sulle varie pièces, ed è essenzialmente su questi che si è basata la mia ricerca.

 

[2] Tutti  i  drammi  di  cui  ci occupiamo in questo studio sono stati  pubblicati  dalla  casa editrice Bonniers. L’elenco più accurato (ma tutt’altro che completo) delle opere di Norén, pubblicate e non, si trova in: Nylander, L., Den långa vägen hem, Stockholm, Bonniers, 1997, pp. 361-363.

 

[3] L’albergo costituirà il set delle cosiddette “hotellpjäser”, il trio di drammi auto-biografici formato da: Natten är dagens mor (La notte è madre del giorno,1982), Kaos är granne med Gud (Il caos è vicino di casa di Dio, 1983) e Stillheten (La calma, 1984).

 

[4] “stanze immaginarie, in cui difendersi dagli enormi conflitti della vita di famiglia”. Nylander, L., op. cit., p. 90.

 

[5] In Natten är dagens mor David (l’alter ego di Norén) riceve in regalo per il suo sedicesimo compleanno la raccolta di poesie di Ekelöf Strountes (1955).

 

[6] “quando avevo nove anni, le parole divennero per me la cosa importante. Credo che imparai a scrivere già nell’utero di mia madre. È un tale intenso piacere la scrittura”. Citato in: Frankl, E., “Jag har många dörrar kvar att öppna”, Expressen, 23.5.1983. Vedi anche: Nylander, op. cit., pp. 90-92.

 

[7] “urla, grida, frammenti vocali [tratti] dal caos della schizofrenia e dal silenzio”. Björksten, I., “Man slåss för sitt liv medan man arbetar”, Svenska Dagbladet, 1.10.1983. Ci si riferisce, in particolare, alle due raccolte: Inledning nr 2 till SCHIZZ (Introduzione N.2 alla schizofrenia, 1965) e Stupor. Nobody knows you when you’re down and out (Baratri. Nessuno vuol saperne di te quando stai male, 1968). Esse sono affollate da immagini “estreme”, visioni di erotismo violento e di malattia che fluiscono al modo di uno stream of consciousness. Spesso organizzati come collages concretistici, questi testi sono da leggere come prodotti di una tecnica di scrittura automatica e sono stati definiti dall’autore “schizopoesi” (poesia shizofrenica). Vedi in proposito: Nylander, L., op. cit., pp. 97 e segg.

 

[8] “jag övermannades av bilderna” (ero sopraffatto dalle immagini). Così ha dichiarato il drammaturgo in varie interviste. Citato in: ibid., p. 11.

 

[9] “L’atto dello scrivere è per Norén una necessità imprescindibile, lo strofinare una ferita costantemente aperta che ha nome infanzia e crescita. La scrittura si è fatta rituale, scongiuro contro il passato”. Ring, L., “Norén bjuder på språklig rening”, in: Svenska Dagbladet, 6.3.1992.

 

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